26 giugno 2021
In
piena pandemia e durante gli europei di calcio, irrompe, improvvisa e
deflagrante, la nota verbale della Santa sede,
inviata al Ministero degli Esteri italiano, con cui si contesta la possibile
futura violazione di due articoli della revisione del Concordato, qualora il
Ddl Zan fosse approvato negli attuali termini. La
cosa più mesta del Ddl Zan, è essere diventato strumentale ai vari
posizionamenti politici, mentre la tutela della libertà di espressione rimane
sullo sfondo, a dispetto di noi cittadini che, come per incanto, perduta
l'unità nazionale, appena ritrovata con la nazionale di calcio, finiamo con lo
schierarci in singolar tenzone da una parte e dall'altra, come novelli Peppone
e Don Camillo. Penso
che ciò dipenda dai contraddittori e vaghi articoli del decreto legge, che si prestano ad un ampio margine
interpretativo, con tutte le conseguenze del caso. Prenderò
in considerazione gli articoli del decreto legge, che dal mio punto di vista
sono vere e proprie lacunose criticità.
Articolo 1- definisce quali sono le
categorie che subiscono violenza e discriminazione e chiarisce che: per sesso si
intende il sesso biologico o anagrafico per genere si intende qualunque
manifestazione esteriore di una persona che sia conforme o contrastante con le
aspettative sociali connesse al sesso per orientamento sessuale si
intende l'attrazione sessuale o affettiva nei confronti di persone di sesso
opposto, dello stesso sesso, o di entrambi i sessi per identità di genere si
intende l'identificazione percepita e manifestata di sé in relazione al genere,
anche se non corrispondente al sesso, indipendentemente dal l'aver concluso un
percorso di transizione
Già
il fatto di definire categorie, chi subisce violenza e discriminazione, lascia
sufficientemente basiti, come se si stesse parlando di suddividere, ordinare,
classificare, secondo criteri gerarchici, di specializzazione, di
disponibilità, di mezzi, ecc. Entrando
poi nel merito delle definizioni di sesso, genere, orientamento, identità, mi
domando chi dovrà stabilire a quale categoria appartiene chi ha subito violenza
o discriminazione, sarà il magistrato di turno, una consulenza tecnica
d'ufficio e in tal caso fatta da chi, con quale contraddittorio, con che
conseguenze. Aggiungo
che già faccio fatica, con la mia laurea e specializzazione, a capire le
suddette distinzioni, mi domando cosa ne sa un comune cittadino di media
cultura del significato di queste "categorie". Vada
per il sesso e l'orientamento sessuale, categorie tutto sommato accessibili ai
più, ma come faccio a spiegargli che deve stare accorto nell'esprimersi in
maniera non discriminante nei confronti di un "genere con cui si intende qualunque manifestazione esteriore di
una persona che sia conforme o contrastante con le aspettative sociali connesse
al sesso", oppure con un
"identità di genere con cui si
intende l'identificazione percepita e manifestata di sé in relazione al genere,
anche se non corrispondente al sesso, indipendentemente dal l'aver concluso un
percorso di transizione". Insomma,
siccome la legge non ammette ignoranza, lo stato dovrà provvedere ad istruire i
cittadini su queste categorie, nulla di complicato, tutto molto semplice. Le
categorie su cui si regge l'intero Ddl Zan si collocano fuori dalla natura,
laddove la legge biologica sancisce la dualità della dimensione maschile e
femminile, e fuori dalla realtà, introducendo delle definizioni surreali non
coincidenti con la naturale dicotomia di cui sopra, già per questa
considerazione fondata su basi anatomiche e fisiologiche sarei giudicato omofobo
e discriminante. Sorvolo
sulla violenza, quella a prescindere delle categorie è di per se un atto
criminoso su cui c'è poco d'approfondire, o meglio il sistema costituzionale e
normativo dell'Italia già condanna la violenza e quindi non capisco che motivo
ci sia d'intervenire su articoli del Codice penale già esistenti chiedendone la
modifica.
Articolo 2 - modifica l'articolo 604 bis del
codice penale che, a oggi, punisce chi "istiga a commettere o commette atti di
discriminazione per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi". Questa
disposizione viene integrata punendo esplicitamente chi istiga a commettere o
commette atti di discriminazione per motivi razziali, etnici, nazionali o
religiosi oppure fondati sul sesso, sul genere, sull'orientamento sessuale,
sull'identità di genere o sulla disabilità. Il testo introduce altre
fattispecie legate a comportamenti omofobi prevedendo l'aggravante anche per
motivi fondati sul sesso, sul genere, sul l'orientamento sessuale,
sull'identità di genere o sulla disabilità.
Articolo
3 - stabilisce
come circostanza aggravante il commettere reati in ragione del sesso, genere,
orientamento sessuale, identità di genere o disabilità della vittima, tramite
la modifica dell'articolo 604-ter del codice penale.
Questi due articoli sono ritenuti dal Ddl Zan
indispensabili, poiché ritengono il quadro normativo attuale incompleto. Io non
sono uomo di legge per cui mi limito a riportare i pareri di Cesare Mirabelli, giurista, ex presidente del Csm e della Corte
Costituzionale, del magistrato costituzionalista Alfredo Mantovano e del Centro
studi Livatino. Suggerisce Cesare Mirabelli che nello scorrere le norme
del codice penale, si può vedere che non c'è esclusione applicativa per nessuno
e per le offese portate nei confronti di qualcuno quanto a percosse, violenze, stallina,
violenze di vario tipo. Anzi, il codice penale, in aggiunta a questa rassegna
di reati, aggiunge due aggravanti: la minorata difesa e i motivi abbietti e
futili che possono trovare applicazione in vicende come quelle di cui si parla.
Se uno provoca lesioni a una persona a causa dell'orientamento sessuale è
probabilmente per un motivo futile o riprovevole. E se queste lesioni sono il
frutto di un'attività coordinata si approfitta della posizione di forza e,
quindi, della minorata tutela della vittima. Aggiunge Alfredo Mantovano che
il Ddl Zan si fonda su una equivoca concezione della funzione del
diritto penale, teso com'è a disciplinare i pensieri e le coscienze di coloro
che vengono ritenuti omofobi. Il diritto in genere, e quello penale in
particolare, tuttavia, non si possono che occupare della mera azione del soggetto
e non già della correzione dei suoi sentimenti e pensieri, per quanto turpi. L'ampia
vaghezza della parametrazione del crimine, introduce un corrispettivo ampio
margine discrezionale dell'interprete, cioè del giudice, violando i principi
generali dell'ordinamento penale,
aprendo numerosi dubbi di costituzionalità, come l'eventuale violazione degli articoli
24, 25, 27, 101 e 111 della Costituzione in tema di diritto di difesa,
principio di legalità, presunzione di non colpevolezza e responsabilità personale,
soggezione del giudice alla legge, nonché giusto processo.
Articolo 4 - riguarda il pluralismo delle idee
e libertà delle scelte: "Ai fini della presente legge, sono fatte salve la
libera espressione di convincimenti od opinioni nonché le condotte legittime
riconducibili al pluralismo delle idee o alla libertà delle scelte, purché non
idonee a determinare il concreto pericolo del compimento di atti discriminatori
o violenti".
Su
questo contorto articolo 4 si noti
come la frase è contraddittoria, dove
opinioni e condotte non possono essere contestualmente legittime e idonee a
determinare il concreto pericolo del compimento di atti discriminatori o
violenti. Così l'articolo, definito come articolo salva libertà di opinione e
di espressione, che punisce l'istigazione contro omosessuali, lesbiche e trans
gender, non dirime i dubbi ma confonde ulteriormente le carte. Infatti questa
contraddizione logica consegnerebbe ai giudici un'abnorme discrezionalità,
quella di sentenziare in base a una norma che fa a pugni con se stessa, potendo
perseguire non solo il compimento di atti discriminatori o violenti, ma anche il
concreto pericolo, l'eventualità che essi possano determinarsi a causa di
opinioni peraltro considerate legittime. Lana caprina insomma, roba di pirandelliana
memoria, così è se vi pare.
Articolo
7 - istituisce
la giornata nazionale contro l'omofobia da celebrare
anche nelle scuole: "La Repubblica riconosce il giorno 17 maggio quale
Giornata nazionale contro l'omofobia, la lesbofobia, la bifobia e la transfobia,
al fine di promuovere la cultura del rispetto e dell'inclusione nonché di
contrastare i pregiudizi, le discriminazioni e le violenze motivati
dall'orientamento sessuale e dall'identità di genere, in attuazione dei
principi di eguaglianza e di pari dignità sociale sanciti dalla
Costituzione". Le scuole, nel rispetto del
piano triennale dell'offerta formativa di cui al comma 16 dell'articolo 1 della
legge 13 luglio 2015, n. 107, e del patto educativo di corresponsabilità,
nonché le altre amministrazioni pubbliche provvedono alle attività di
cui al precedente periodo compatibilmente con le risorse disponibili a
legislazione vigente e, comunque, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza
pubblica
Nei
fatti l'articolo 7 lede il diritto alla libertà di espressione (art. 21 della
Costituzione), alla libertà di insegnamento dei docenti (art. 33 della
Costituzione), alla libertà di scelta educativa che spetta ai genitori, né
Chiesa né Stato (art. 30 della Costituzione). Esiste
infatti la possibilità concreta che il Ddl Zan si risolva per essere una forma
di limitazione dispotica della libertà di pensiero e di coscienza di tutti
coloro che per convinzione personale, per il proprio credo religioso, per la
propria prospettiva filosofica ed etica, non ritengono che ci possa essere una
distinzione in merito alle categorie di cui all'articolo 1. Chiunque
si opponesse ai suddetti criteri si metterebbe automaticamente in una posizione
discriminatoria.
Ma
è mai possibile che in Italia, ogni qual volta si debbano prendere in
considerazioni aspetti sociali che attengono a valutazioni intime e personali,
la politica da un lato diventa incapace di elaborare proposte educative e
pedagogicamente costruttive e dall'altro demanda alla giustizia compiti
interpretativi complessi, emanando leggi contorte e articolate, che offrono il
fianco a strumentali elucubrazioni partitiche, atte prevalentemente a cercare
consensi. Il
problema della discriminazione riguarda gli ultimi, i fragili, i diversi e la
precarietà, la fragilità e la diversità, dovrebbero essere opportunità
d'incontro con l'altro, di crescita, di arricchimento e non essere prerogativa
di una compagine politica. Che
senso ha creare le giornate dedicate a ... che durano un fiat, che l'indomani
passano nel dimenticatoio, che rischiano di diventare inutili passerelle di avvoltoi
politici votati a comparire più che a fare. Poi
rattrista questo atavico vizio italico di demandare alla scuola compiti e
doveri che attengono solo ed esclusivamente ai genitori, quasi a volersi
scrollare di dosso responsabilità perniciose cui si è incapaci di far fronte. In
fondo prendere consapevolezza della discriminazione, attiene al buon senso e al
bene comune, senza essi il rispetto umano e la capacità di ascolto dell'altro,
specie di quello in difficoltà, diventano chimere. E'
impensabile che per educare al buon senso e al bene comune si debba partire da
strumenti punitivi, è come pensare di costruire piramidi al contrario, che si
sa sono inevitabilmente destinate a crollare per precario equilibrio. La
cultura del buonsenso, ecco quale dovrebbe essere il compito di una scuola
moderna, occuparsi oltre che di cultura, anche delle competenze e delle
abilità, implementare l'autostima, l'assertività, l'intelligenza emotiva,
uniche solide basi su cui costruire il rispetto del bene comune, dell'altro,
rendere consapevoli dell'inutilità della discriminazione.